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Approfondimenti - Documento |
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Riforma legge fallimentare: quali soglie per il regime di allerta?
a cura di Cerved Group spa
Ottobre 2018
Pubblicato sul sito know.cerved.com nel mese di ottobre 2018.
* * *
La recente riforma della Legge Fallimentare, approvata con la legge n. 155/2017 (cd. Legge Rordorf) ha introdotto
significative modifiche alla disciplina fallimentare.
Tra le novità più rilevanti della legge fallimentare, l'introduzione di un regime di allerta (cd. Red flags) per individuare
precocemente situazioni di potenziale crisi e per prevenire casi di default, attraverso una maggiore responsabilizzazione
del debitore e degli organi di governance.
In particolare, la riforma della legge fallimentare prevede l'introduzione di specifiche procedure di allerta, in presenza
di indicatori di crisi, definiti come "squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario (...) rilevabili
attraverso appositi indici (...) nonché l'esistenza di significativi e reiterati ritardi nei pagamenti". In questi casi,
l'organo di controllo societario deve avvisare l'organo amministrativo ed in caso di necessità informare l'organismo di
composizione della crisi (ente chiamato a gestire il superamento della crisi che può sorgere da un organismo di
conciliazione delle CCIAA, da un ordine professionale, o da un ente pubblico territoriale iscritto).
La norma rimanda al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, tenuto conto delle migliori prassi internazionali, per
l'elaborazione degli indici in grado di far presumere lo stato di crisi di un'impresa.
Il decreto legislativo in attuazione della legge fallimentare dispone all'articolo 13 commi 4 e 5 che "gli strumenti di
allerta siano applicati ai debitori che svolgono attività imprenditoriale esclusi le grandi imprese, i gruppi di imprese di
rilevante dimensione, le società con azioni quotate in mercati regolamentati, o diffuse tra il pubblico in misura rilevante,
le imprese agricole e le imprese minori", coinvolgendo l'intera platea di imprese con un fatturato compreso da 0 a 40
milioni. La norma prevede, inoltre, l'attribuzione di valori soglia diversi per le imprese costituite da meno di 2 anni e le
start up innovative (art. 13 comma 2).
Su richiesta del Ministero della Giustizia, Cerved ha realizzato un'analisi empirica basata su tutti i bilanci depositati
dalle società di capitali, al fine di fornire evidenze quantitative sul numero di imprese che potrebbero essere coinvolte in
procedure di allerta. L'analisi si propone di stimare il numero di segnalazioni sull'universo di società che potrebbero
essere oggetto della norma sulla base di dati ufficiali e certi di cui è possibile disporre. In quest'ottica, è stato
escluso l'utilizzo di altre informazioni, sicuramente predittive (es. dati prospettici, dati sui rapporti bancari, dati sui
pagamenti commerciali, ecc.), che potrebbero entrare nella valutazione ma di cui non è possibile disporre in modo sistematico
per un'analisi statistica su tutte le imprese italiane.
Gli indicatori di bilancio più predittivi della crisi di impresa
Cerved ha selezionato l'intera base di imprese presenti nei propri database negli anni 2011-2016, per coprire un arco
temporale sufficientemente ampio ed ottenere evidenze strutturali e non influenzate dalla congiuntura economica. Sono state
selezionate le società di capitale con bilanci che hanno manifestato situazioni di insolvenza nel periodo considerato ed è
stato costruito un campione rappresentativo dell'economia italiana, abbinando ad ogni impresa insolvente una gemella in
normali condizioni operative (campione bilanciato).
Ai fini dell'individuazione degli indicatori più predittivi per la riforma della legge fallimentare, sono stati considerati
indici caratterizzati da facilità di calcolo, semplicità interpretativa e significativi delle rispettive aree di valutazione:
cashflow/attivo nell'area di redditività, patrimonio netto su passivo per la struttura finanziari, oneri finanziari su
ricavi per la sostenibilità dei debiti e il current ratio per l'equilibrio finanziario.
Sono quindi stati fissati dei cutoff associati a tre diversi tassi di default delle aziende (90%, 80%, 70%), rispetto ai
quali è possibile identificare dei valori soglia in grado di selezionare cluster di imprese con la stessa probabilità di
insolvenza.
Ad esempio, a un tasso di default del 70% corrisponde un valore soglia pari al 2,7% per l'indicatore cashflow/attivo: questo
significa che il 70% delle società del campione con un indicatore al di sotto di tale soglia entra in default. Se si alza il
tasso di default al 90%, la soglia corrispondente scende al -10,7%: questo significa che il 90% delle società con un
rapporto tra cashflow e attivo al di sotto di tale soglia entra in default. Naturalmente utilizzando soglie più stringenti
(più alte) per le procedure di alert si ridurrebbe il rischio di segnalare società che poi non entreranno in crisi, ma
aumenterebbe quello di non segnalare società che poi entreranno in crisi.
Tra i quattro indicatori selezionati, solo per due (Cash Flow/Attivo e Patrimonio Netto/Passivo) è possibile individuare
soglie associate a tassi di default del 90%. Per gli altri due indicatori, meno predittivi, la soglia con maggiore capacità
predittiva è costituita da cutoff dell'80% di tasso di default.
Quante imprese dovrebbero attivare procedure di allerta in base alle diverse soglie
I valori soglia sono stati applicati a tutte le imprese operative su ultimo bilancio. La popolazione selezionata per
l'analisi fa riferimento ai dati di bilancio più recenti (2016 o 2017), escludendo le imprese con attivo e ricavi uguali a
zero. Su queste basi, l'analisi è stata condotta su 936.999 imprese.
Il semplice utilizzo di indici di bilancio produrrebbe un numero molto alto di segnalazioni, anche adottando le soglie più
stringenti. In base ai dati storici, sarebbero segnalate ben 516 mila società (il 55% del campione) con soglie al 70%, 275
mila con una soglia dell'80% (27,7%) e 91.446 con una soglia del 90% (9,7%).
I risultati sono fortemente differenziati a seconda della dimensione dell'impresa. La relazione tra i fatturati delle
aziende ordinati per classe dimensionale(1)
(includendo anche le grandi imprese escluse dalla procedura di alerting) e la quota di segnalazioni evidenzia un andamento
inversamente proporzionale in tutte le soglie di allerta ed evidenzia percentuali di attivazione degli alert molto
eterogenee. La soglia del 90%, ad esempio, mostra un range di variazione delle quote di segnalazione che va dal 35,8% delle
imprese della classe dimensionale più piccola (minore di 10K) all'1,7% delle imprese con fatturato da 5 a 50 milioni di euro.
In particolare, dai dati emerge come l'adozione di soglie di allerta uniformi che non discriminano in base alla dimensione
delle aziende rischi di incrementare i falsi positivi riguardanti le classi dimensionali più basse, in particolare le micro
imprese (fino a 100 mila euro di fatturato), sovrastimando i tassi di insolvenza di queste ultime e finendo, dunque, per non
ottimizzare la procedura di alerting auspicata dal legislatore.
L'effetto dell'applicazione dei valori soglia è stato quindi approfondito su due segmenti di imprese (con ricavi maggiori o
inferiori ai 500 mila euro) e la numerosità delle segnalazioni è stata valutata sulla base di diversi parametri come la
dimensione, il comparto di attività e l'età dell'impresa.
I risultati per le società con più e con meno di 500 mila euro di ricavi
L'adozione di soglie identiche alla popolazione delle imprese italiane produrrebbe effetti molto diversi sulle piccole e
sulle grandi imprese. In questo caso l'aspetto dimensionale dell'azienda finirebbe per costituire un fattore discriminante
nel determinare la numerosità delle segnalazioni.
In generale, i segnali di allerta individuati sulle imprese maggiori di 500 mila euro, quando applicati al secondo segmento
di imprese con fatturato inferiore, si accendono con una frequenza molto più elevata (62% al di sopra della soglia del 70%
contro il 46,3%; 38% al di sopra della soglia dell'80% contro il 14,6% e 15% al di sopra della soglia del 90% contro il
3,3%). Una simile dinamica è legata alla diversa morfologia di questo portafoglio, che presenta indici tipicamente più
distribuiti verso zone di rischio.
Spostando l'analisi sul comparto di attività delle imprese e mantenendo la distinzione nei due segmenti dimensionali
definiti in precedenza (ricavi maggiori o minori di 500K), è possibile osservare come le quote di alert stimati nel segmento
di imprese più piccole continuino ad evidenziare valori più elevati in tutti i settori e per tutte le soglie. In entrambi i
segmenti della popolazione, le costruzioni risultano essere il settore con la maggiore incidenza di segnalazioni per le
soglie di allerta del 70% e dell'80%, mentre i servizi prevalgono nella soglia del 90%. Questo dato segnala che le imprese
operanti nel comparto edilizio presentano situazioni di relativa vulnerabilità negli indicatori di sostenibilità dei debiti
ed equilibrio finanziario (Oneri Finanziari/Ricavi e Liquidità Corrente) che non dispongono di cutoff del 90%.
Concentrandosi sulla distribuzione delle segnalazioni per categoria di età delle imprese, applicando soglie di allerta
uniformi emerge che le newco e le imprese più giovani risultano le più propense a ricevere segnalazioni. In particolare,
applicando un cutoff del 90% il segnale per le imprese con età inferiore a 5 anni(2)
si accende più del doppio delle volte rispetto alle imprese con età superiore ai 21 anni (6,2% per newco e 4,9% per le
giovani da 2 a 5 anni contro il 2,2% di segnalate per le imprese con oltre 20 anni di attività). Il segmento di imprese con
ricavi inferiori a 500 mila euro conferma, ancora una volta, percentuali decisamente più elevate di alert per tutte le
categorie prese in considerazione. Questi risultati sembrano quindi supportare la decisione di introdurre soglie di allerta
distinte per le newco e le imprese giovani.
Usare combinazioni di più indici renderebbe i sistemi di allerta più efficienti
Il semplice utilizzo di indici di bilancio avrebbe il difetto di attivare un numero molto elevato di segnalazioni,
specialmente nel caso delle imprese di minore dimensione. Anche con soglie più stringenti (probabilità di default al 90%) i
numeri sarebbero elevati, con il rischio di mancate segnalazioni per società comunque rischiose, con indici a ridosso di
tali soglie.
Una combinazione di due o più indicatori per l'attivazione dei segnali di allerta renderebbe molto più efficiente il
processo di alert. Ad esempio, considerando il totale della popolazione di imprese, l'utilizzo di due segnali di alerting in
contemporanea (cioè attivando segnalazioni solo nel caso in cui un'impresa superi almeno due dei quattro indicatori
considerati) determinerebbe una numerosità di segnalazioni del 28% associata a una TD del 70% (contro il 56% con un
approccio non combinato), una segnalazione del 10% associata ad una soglia di TD dell'80% (contro il 29,8%), una segnalazione
di solo il 3,8% con una soglia TD del 90% (contro il 9,8%).
La riduzione della numerosità degli alert si conferma anche in relazione alle diverse classi dimensionali. L'elemento
dimensionale continuerebbe comunque ad avere una forte influenza, nel caso in cui si scegliessero delle soglie omogenee per
tutte le fasce dimensionali.
Nelle distribuzioni di frequenza per settore e per età si può notare una riduzione generalizzata della quota di segnalazioni
per ognuna delle categorie analizzate. In termini settoriali, le costruzioni risultano ancora essere il settore più
segnalato fino alla soglia dell'80%, mentre prevale il settore dei servizi considerando i cutoff del 90%. In termini di età
dell'impresa, le newco e le giovani continuano ad avere quote di segnalazioni superiori al doppio di quelle in attività da
più di 20 anni.
Conclusioni
Nell'ambito della nuova legge fallimentare, la scelta di indicatori predittivi e delle relative soglie è un aspetto tecnico
di grande importanza perché i sistemi di alert introdotti dalla nuova legge possano funzionare correttamente.
Cerved, su richiesta del Ministero di Grazie e Giustizia, ha individuato una serie di indicatori di bilancio che
– utilizzati individualmente – risultano altamente predittivi di una crisi di impresa: cashflow/attivo nell'area di
redditività, patrimonio netto su passivo per la struttura finanziari, oneri finanziari su ricavi per la sostenibilità dei
debiti e il current ratio per l'equilibrio finanziario.
Per questi quattro indicatori, sono state calcolate delle soglie associate a tassi di default del 70%, dell'80%, e del 90%,
osservati su un campione molto esteso di osservazioni. Sulla base di queste soglie, è stato individuato il numero di società
per cui andrebbero attivati le procedure di allerta.
Il numero di segnalazioni sarebbe molto elevato, con ben 526 mila società per un tasso di default del 70%, di 275 mila con
una soglia dell'80% e 91 mila con una soglia del 90% (9,8%). Un numero così elevato di imprese sopra soglia si tradurrebbe
in un carico di lavoro significativo per gli organismi di composizione della crisi.
Soglie più stringenti ridurrebbero il numero di segnalazioni, ma al costo di rischiare di escludere dalla platea di imprese
segnalate un numero non trascurabile di aziende rischiose.
L'analisi dimostra anche che la previsione di criteri combinati, per cui sarebbe necessario superare due o più soglie per
attivare la procedura di allerta, migliorerebbe l'efficienza del sistema di allerta, riducendo simultaneamente errori del
primo e del secondo tipo. In base ai dati, combinando due soli degli indici considerati, il numero di società segnalate
scenderebbe da 526 mila a 266 mila con un tasso di default del 70%, da 275 mila a 97 mila con un tasso di default dell'80% e
da 91 mila a 35 mila con un tasso del 90%. La più recente formulazione della norma, che prevede che gli indici debbano
essere "valutati unitariamente" va nella giusta direzione.
L'analisi per la riforma della legge fallimentare ha anche evidenziato che, nel caso in cui non si scegliessero soglie
differenziate per fascia dimensionale o per età dell'impresa, ad essere segnalate sarebbero soprattutto le imprese più
piccole o più giovani, per loro natura più vulnerabili in termini di struttura finanziaria. Questo sarebbe vero sia
utilizzando individualmente gli indici sia, in misura minore, utilizzando combinazioni di due o più indici.
Il presente esercizio è stato sviluppato nella prospettiva di fornire indirizzi operativi fondati su basi empiriche solide
e rappresentative dell'intera popolazione di imprese, nella consapevolezza che esistano altri segnali altamente predittivi
della crisi di impresa ricavabili da fonti alternative che per diverse ragioni non sono state utilizzate in questa sede
(dati non disponibili per tutte le imprese, dati non ufficiali, ecc.). Tuttavia, l'approccio adottato può essere integrato
ed esteso facendo riferimento ad altri indici. Riteniamo che l'utilizzo congiunto di queste informazioni sia la strada per
ridurre al minimo i falsi segnali di allarme aumentando allo stesso tempo l'accuratezza dell'analisi.
E' disponibile la versione in
pdf
del documento, comprensiva di grafici e tabella.
* * *
Note:
(1): secondo lo schema di decreto legislativo in attuazione della legge fallimentare disponibile
al momento di redazione del report, indica all'articolo 13 commi 4 e 5 che "gli strumenti di allerta siano applicati ai
debitori che svolgono attività imprenditoriale esclusi le grandi imprese, i gruppi di imprese di rilevante dimensione, le
società con azioni quotate in mercati regolamentati, o diffuse tra il pubblico in misura rilevante, le imprese agricole e
le imprese minori".
(torna su).
(2): lo schema di decreto legislativo della legge fallimentare disponibile al momento di
redazione del report prevede l'attribuzione di valori soglia diversi per le imprese costituite da meno di 2 anni e le start
up innovative (art. 13 comma 2)
(torna su).
Nota: il contenuto del documento deve essere interpretato in relazione al periodo
in cui è stato redatto.
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