Pir, non solo bonus ma anche costi; costruire una rendita è un enigma
di Mariano Mangia
Affari & Finanza - La Repubblica
Lunedì 9 ottobre 2017
I Pir sono venduti/acquistati sulla base di due motivazioni: è un modo per sostenere l'economia italiana e sono esenti da
tassazione sui capital gain. Insomma, un modo per convogliare risorse private, di singoli investirori, a caccia di
strumenti per crearsi una pensione integrativa, o una rendita. Ma è proprio così? Partiamo dalla prima motivazione, che
al momento regge poco. I flussi di sottoscrizione confluiti sinora sui Pir sono stati utilizzati per acquistare azioni
od obbligazioni già trattate sui mercati e in portafoglio ad altri investitori, nelle casse delle aziende italiane non è
entrato denaro. L'introduzione dei Pir ha lo scopo da un lato di incentivare i risparmiatori a investire almeno in parte
in aziende del nostro paese e dall'altro a incentivare le stesse aziende ad utilizzare come canale di finanziamento il
mercato dei capitali, in alternativa a quello bancario. Per il successo dei Pir si deve quindi realizzare un circolo
virtuoso: i risparmi devono affluire ai Pir e deve aumentare il numero di aziende quotate. Sin ora ha funzionato più che
bene il primo aspetto, in otto mesi i Pir hanno raccolto 5 miliardi di euro; sul secondo fronte si procede,
inevitabilmente, più lentamente. Da inizio anno a fine agosto, il numero di società quotate al listino azionario di
Piazza Affari è aumentato di 10 unità, una società si è quotata al listino principale Mta e ben 9 all'Aim che è il
mercato dedicato alle piccole e medie imprese. Se i Pir continuano a raccogliere sottoscrizioni e l'offerta di titoli non
si amplia, l'effetto sarà quello di spingere sempre più in alto i prezzi delle azioni, in particolare quelle a media
[Mid] e bassa [Small] capitalizzazione e acquistare a prezzi elevati (in rapporto agli utili) non è un buon affare e un
eccesso di domanda, troppo denaro che affluisce ai Pir, alla lunga potrebbero creare i presupposti per una bolla
speculativa.
I numeri di Borsa Italiana sono indicativi: gli scambi dell'Aim sono esplosi, passando dai 181 milioni del periodo
gennaio-agosto 2016 ai 1.136 milioni deli primi otto mesi del 2017; il segmento Star (il segmento di Mta dedicato alle
Pmi che accettano più stringenti requisiti in tema di flottante, trasparenza e corporate governance) a sua volta è
passato da 7,7 miliardi a quasi 13 miliardi. La seconda motivazione, quella fiscale, non dovrebbe indurre i risparmiatori
a compiere scelte non coerenti con i propri obiettivi di investimento, con l'orizzonte temporale e il livello di rischio
che si è in grado di sopportare. I questionari di profilazione dovrebbero "sorvegliare" le scelte di investimento, ma
l'esperienza passata insegna che la loro utilità può essere vanificata da comportamenti poco corretti da parte di chi
colloca e/o dalla leggerezza di molti risparmiatori. Nell'ampia offerta di Pir si possono scegliere piani di tipo
azionario, bilanciati e flessibili e anche bilanciati obbligazionari, la cui componente azionaria massima non dovrebbe
eccedere il 30% del patrimonio. In una scala di rischiosità, teorica, va sottolineato, da 1 a 7, i Pir azionari si
collocano a livello 6, i prodotti bilanciati obbligazionari, la tipologia di prodotto che ha raccolto di più, dichiarano
un indicatore di rischio tra 3 e 4. Occorre tener presente che con i Pir si riduce la diversificazione geografica di
portafoglio, si assume, in aggiunta al rischio azionario o di credito (nel caso di emissioni obbligazionarie), anche un
rischio "paese" ed è il caso di ricordare che l'andamento della economia italiana impatta già sul nostro capitale umano
(il posto di lavoro e la sua retribuzione) e sulle nostre pensioni (i contributi previdenziali sono rivalutati in base
all'andamento del Pil). Chi propone i Pir se li fa pagare bene. Commissioni di sottoscrizione e di gestione si collocano
sui livelli elevati delle rispettive categorie e intaccano parte dei vantaggi derivanti dall'assenza di imposte sui
capital gain. Le commissioni di sottoscrizione di alcuni prodotti azionari, i più cari, arrivano anche al 4 o 5% di
quanto versato (ipotizzando un investimento massimo di 30 mila euro, significa che 1.200 o 1.500 euro finiscono nelle
tasche di chi colloca il Pir e questo anche se il cliente arriva allo sportello già perfettamente informato), le
commissioni di gestione possono superare il 2% annuo. Un'analisi di Morningstar sui costi dei Pir più venduti conferma
l'elevato prezzo di questi prodotti. Le due classi del fondo Mediolanum Flessibile Sviluppo Italia si collocano nel
91esimo percentile del Morningstar Fee Level di appartenenza, si collocano sopra la media anche Piano Azioni Italia di
Fideuram e Pioneer Risparmio Italia classe B, l'unico al di sotto della media della categoria di appartenenza è Eurizon
Progetto Italia 40 Pir. Gli Etf sono meno cari, ma sono una replica di un indice azionario o di un mix di indici;
trattandosi di prodotti a gestione passiva, non c'è selezione e non c'è neanche un bilanciamento tra azioni e
obbbligazioni. Quanto ai rendimenti futuri, nessuno può pronosticare o prevedere nulla. Storicamente l'investimento in
small cap migliora le performance di un portafoglio, teoricamente ne dovrebbe anche aumentare la volatilità. Una
conferma viene dall'analisi degli Ftse Italia Total Return (le cui performance includono il reinvestimento dei
dividendi): su un arco temporale di cinque anni, gli indici Mid Cap e Small Cap presentano un rendimento migliore
dell'indice delle blue chips, +23,1% e +14% annuo, rispettivamente, contro il +12% del Ftse Mib, mentre in termini di
volatilità le Mid Cap fanno meglio (17,2% contro 18,5%) e le Small Cap si rivelano più volatili (20,7%). Un mix di blue
chips e small e midcap sembra funzionare. L'indice Ftse Italia Pir Benchmark, ricostruito a "ritroso" (l'indice è stato
lanciato solo a fine maggio di quest'anno), mostra un rapporto rendimento/rischio a cinque anni migliore dell'indice
Ftse Mib che supera di poco anche in termini di esposizione alla massima perdita (-30,5% al netto delle tasse per il
primo, -34,7% per il secondo). Mancano purtroppo analisi su un arco temporale più ampio. Bisognerà vedere quanti
investitori reggeranno a un'eventuale, consistente, correzione dei mercati senza cedere alla tentazione di riscattare
anzitempo le quote del Pir.
Nota: il contenuto del documento deve essere interpretato in relazione al periodo
in cui è stato redatto.
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