Perdita di continuità aziendale, crisi e insolvenza
di Fabio Landuzzi
Ottobre 2019
Pubblicato sul sito www.ecnews.it in data 7 ottobre 2019.
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Il "Codice della Crisi di impresa e dell'insolvenza" (D.Lgs. 14/2019) parte
dalla constatazione di tre stadi in cui può manifestarsi la condizione di
difficoltà dell'impresa; precisamente:
- la perdita della continuità aziendale;
- la crisi;
- l'insolvenza.
L'obiettivo che permea l'impianto normativo del Codice è rappresentato dalla
emersione anticipata della crisi, prevedendo, in primo luogo, specifici
obblighi organizzativi a carico degli organi sociali volti a favorire questa
rilevazione tempestiva dello stato di difficoltà, onde assumere un
comportamento proattivo e, in secondo luogo, la previsione di un sistema di
allerta che prevede anche precisi obblighi di segnalazione della crisi e
l'intervento di un soggetto esterno di composizione assistita della crisi.
Ritornando ai tre diversi scenari sopra configurati, può essere utile
tracciare un quadro di sintesi sistematico, facendo tesoro anche della
disamina compiuta da Assonime nella circolare n. 19/2019.
In primo luogo, quando si parla di perdita di continuità aziendale, come
primo stadio della condizione di difficoltà dell'impresa, si affronta un
tema tutt'altro che nuovo nel panorama tecnico giuridico.
Il riferimento principale va al Principio contabile Oic 11 che, fra i
postulati del bilancio d'esercizio, include la "prospettiva della continuità
aziendale" che viene definita come "la capacità dell'azienda di continuare a
costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di
reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di
almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio".
Dal punto di vista pratico professionale, la continuità aziendale è trattata
in modo puntuale nel Principio di revisione ISA Italia 570; ulteriore
documento tecnico assai utile, pubblicato nel pieno della crisi finanziaria
del 2009, è quello congiunto Banca d'Italia – Consob – Isvap del 6 febbraio
2009 n. 2.
Sino a che l'impresa si trova in questa fase, non si innescano ancora gli
specifici obblighi previsti dal Codice della crisi, e si può perciò dire che
la situazione – seppure fortemente critica – può essere ancora affrontata
dall'imprenditore usando una discrezionalità professionale e un certo grado
di autonomia.
Si ha crisi, nel significato del Codice così come indicato all'articolo 2,
comma 1, lett. a), quando si ha uno "stato di difficoltà
economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che
per l'impresa si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa
prospettici per far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate"; in
termini aziendalistici, si può dire che vi è "crisi" quanto l'impresa palesa
una incapacità prospettica, tramite la propria gestione caratteristica, di
far fronte al pagamento dei propri debiti.
Si ha infine insolvenza, secondo la definizione di cui alla lett. b), del
comma 1, dell'articolo 2 del Codice, quando la condizione dell'impresa si
manifesta con "inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino
che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie
obbligazioni".
È possibile da subito osservare che "perdita di continuità aziendale" e
"crisi" sono concetti che hanno certamente connotati in comune, come pure
elementi di diversità.
In comune vi è il fatto che entrambe le situazioni derivano da una visione
in chiave prospettica dello stato dell'impresa. Di sostanzialmente diverso,
però, e tutt'altro che secondario, vi è l'elemento temporale: mentre la
continuità aziendale è valutata in 12 mesi dalla chiusura dell'esercizio, la
crisi si valuta con riguardo ad un orizzonte di soli 6 mesi.
Un ulteriore elemento di differenziazione attiene agli indicatori che
innescano l'esistenza delle due fattispecie; nel caso della continuità
aziendale, come si evince in modo anche molto chiaro dall'ISA Italia 570, si
possono avere elementi sia quantitativi che anche qualitativi e perciò anche
di contenuto gestionale; nel caso della crisi, invece, l'innesco ed i
relativi effetti sono riferiti a dati ed indicatori pressoché solo
quantitativi ed espressivi di situazioni di squilibrio principalmente
finanziario.
Infine, l'insolvenza: è lo stadio connotato dalla irreversibilità e
permanenza, in cui l'impresa manifesta di non riuscire più a soddisfare con
mezzi normali le proprie obbligazioni.
Nota: il contenuto del documento deve essere interpretato in relazione al periodo
in cui è stato redatto.
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