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Rassegna stampa - Documento |
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Il ruolo degli ordini professionali
di Guido Trombetti
La Repubblica
Lunedì 7 settembre 2020
L'esito non esaltante delle prove per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato dei candidati
napoletani ha provocato, oltre che diffusa delusione, reazioni di varia natura. In particolare qualcuno ha
maliziosamente spiegato il risultato scadente muovendo critiche alla qualità degli studi di giurisprudenza
nelle università napoletane, in particolare presso la Federico II.
Francamente trovo ingiustificato il nesso di causa-effetto. È ben noto a tutti il livello alto dei giuristi
fredericiani. Che affonda le sue radici in una tradizione antica. E di grande prestigio. Ancora oggi, si guardino
le statistiche in merito, è altissima la percentuale dei laureati in giurisprudenza napoletani che vincono
concorsi in magistratura e, più in generale, nella carriera direttiva del pubblico impiego. Così come mi sembra
risibile la critica di scarsa sensibilità alla professionalizzazione dei percorsi di studio universitari. Su
questo punto dobbiamo essere chiari. L'università non fa formazione professionale. Ma deve produrre laureati
colti, dotati di capacità critica e in grado di aggiornare le proprie competenze per tutta la vita. Come richiede
il tumultuoso continuo avanzamento delle conoscenze che caratterizza tutti i saperi nel mondo moderno. Per ottenere
tale risultato occorre una profonda formazione di base sulla quale costruire poi la propria vita e la propria
formazione professionale. Il risultato delle prove di abilitazione invece a mio avviso mette pesantemente in
discussione la tipologia di scelta selettiva oggi in vigore. Che peraltro prevede la correzione di migliaia e
migliaia di elaborati e quindi suscita inevitabilmente preoccupazioni sul livello di raffinatezza dal quale può
essere caratterizzata. Sono pertanto d'accordo con la posizione lucida ed illuminata del ministro Manfredi.
C'è forte e chiara l'esigenza di viaggiare verso lauree abilitanti che, integrate con opportuni tirocini,
consentano poi ai giovani di entrare rapidamente nel mondo delle professioni. Il ruolo degli ordini professionali,
nati nel 1933 (insieme ai settori scientifici disciplinari) in una temperie culturale molto diversa e funzionale
alla organizzazione sociale del tempo, va oggi ripensato. Pur restando importante. Siamo sicuri che sia saggio ed
equo assegnare a loro il compito di gestire il processo di selezione per stabilire se un ragazzo già laureato
possa o meno esercitare una professione? E non penso soltanto a quella di avvocato, che qui è un esempio. Va da
se che prima di poter patrocinare in tribunale occorra un periodo di tirocinio. Di praticantato. E il tirocinio
deve essere svolto con serietà presso studi accreditati. Su questo aspetto l'ordine deve vigilare. Deve essere
garante che il giovane non diventi mano d'opera a basso (o nullo) costo. Quanto non l'occasione per utilizzare
con mere funzioni impiegatizie o segretariali i ragazzi presso gli studi.
Delle due l'una. O la laurea basta da sola a consentire di svolgere la professione di avvocato. Oppure l'ordine,
che ne ha la competenza e le capacità, organizza un sistema di tirocini garantendone la qualità e quindi l'efficacia.
L'idea che siano gli ordini a decretare se un giovane può o meno esercitare la professione mi sembra anacronistica
nei tempi moderni. E francamente priva di fondamento etico. Non può non sorgere la preoccupazione che una categoria
(comunità, corporazione...) abbia in se stessa il motivo per tenere il freno tirato. Per non immettere troppi
concorrenti sul mercato, per di più in un periodo di difficoltà complessiva della professione. E questa osservazione
vale per tutti gli ordini professionali. Non soltanto per quello degli avvocati. Il risultato oggi è un grave danno
per i giovani. Si lasciano al palo intere generazioni di laureati.
Facendosi carico della gestione e dell'organizzazione di un sistema di tirocini, in convenzione con gli atenei, gli
ordini assumerebbero un ruolo di alto profilo nella fase del passaggio tra l'università e l'ingresso nel mondo
professionale. Ruolo che hanno gli strumenti per svolgere in modo proficuo.
Nota: il contenuto del documento deve essere interpretato in relazione al periodo
in cui è stato redatto.
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